Tra la città e il romanzo. Cronistoria di una dialettica feconda e in divenire
Il romanzo moderno ha un rapporto privilegiato con la città, in special modo con la grande città europea o americana, che va delineandosi come spazio metropolitano e conglomerato urbano, assumendo connotati identitari ancora oggi presenti, tra il Settecento e l’Ottocento, a cavallo delle rivoluzioni industriali.
Si potrebbe addirittura affermare, come fa Turnaturi, che il romanzo moderno si caratterizzi principalmente da subito come romanzo metropolitano1. Naturalmente, prendendo in considerazione la cronistoria della città in letteratura, risulta evidente che «since there has been literature, there have been cities in literature»2; è infatti possibile trovare già all’interno delle opere letterarie più antiche numerosissime rappresentazioni e descrizioni di città, storicamente esistite o mitologiche.
Tuttavia, è allo stesso tempo innegabile che la tematizzazione letteraria della città e dei suoi abitanti si affermi con forza, originalità e con una sua specifica configurazione narrativa nel romanzo ottocentesco, e poi a seguire e con modalità del tutto differenti in quello novecentesco, in concomitanza con uno sviluppo industriale senza precedenti, con la crescita esponenziale della popolazione nelle aree urbane e le trasformazioni politiche, economiche e sociali che ne conseguono. D’altronde il romanzo – «unico genere letterario procreato dal mondo moderno»3 – in quanto «genere letterario borghese per eccellenza»4 trova nella città il luogo preferenziale dove misurare il nuovo legame instauratosi tra individuo e società, tra spazio interiore e privato e spazio esteriore e pubblico, tra fenomeni oggettivi e interpretazioni soggettive, tra libertà personale e spersonalizzazione conformistica.
Già Simmel all’inizio del XX secolo, nel celebre Le metropoli e la vita dello spirito, definiva l’esperienza della modernità con queste parole:
The essence of modernity as such is psychologism, the experiencing and interpretation of the world in terms of the reactions of our inner life, and indeed as an inner world, the dissolution of fixed contents in the fluid element of the soul, from which all that is substantive is filtered and whose forms are merely forms of motion5.
Per Simmel la modernità, caratterizzata da un flusso ininterrotto di «fleeting, fragmentary and contradictory moments»6, provoca un’inevitabile incorporazione dei fenomeni esteriori all’interno della nostra soggettività, stimolando un’esperienza esistenziale sdoppiata, in cui «the external world becomes part of our inner world»7.
Il romanzo ottocentesco, costituito da una «mescolanza di celebrazione e critica della modernità»8, inaugura una dialettica feconda e costitutiva con la rappresentazione della vita cittadina e dunque della vita moderna e dà il via alla ricerca e all’applicazione di soluzioni formali capaci di restituire sulla pagina le complesse e sfaccettate dinamiche esperienziali che la innervano e i mutevoli rapporti interpersonali e socio-economici che ne modificano rapidamente la natura e il perimetro, rimanendo però legato ad un modello strettamente descrittivo. L’esperienza urbana infatti, proprio a causa della stessa conformazione antropologica, sociologica, urbanistica, architettonica della metropoli industriale, contraddistinta principalmente da «grandi dimensioni numeriche (le relazioni tendono a divenire impersonali, superficiali, transitorie e segmentali), densità (che genera il senso di vuoto sociale, di tensione nervosa, ecc.), eterogeneità»9, tende a mettere in crisi le strutture del romanzo tradizionale e le sue consuetudinarie rielaborazioni narrative, perché ora è la città stessa a divenire «una protagonista attiva, un personaggio dotato di tutte le sfumature e le mutevoli potenzialità di un eroe letterario»10.
La città in quanto collettività autorganizzantesi, «sistema di rapporti umani con una forma coerente e duratura»11, causa ed effetto dei suoi abitanti-personaggi, sfida apertamente la struttura classica del romanzo specializzato «nel mettere in scena la molteplicità dei destini individuali o la vita di famiglie tra loro legate»12.
Sviluppandosi contemporaneamente come sistema complesso che ingloba e sovrasta l’individuo ed entità dotata di un suo proprio ordine interno e di una sua specifica personalità, la metropoli moderna, che va crescendo e aumentando di dimensioni verticalmente e orizzontalmente, produce un sovraccarico sensoriale, fatto di impulsi visivi e sonori, di percezioni frammentarie e disorganiche, che modifica alla radice la sua stessa fruizione, interpretazione, conoscenza. Come già accennato sopra, la risposta convenzionale del romanzo ottocentesco alla complessità ambivalente e stratificata dello spazio urbano è l’elaborazione di una città-palcoscenico, destinata ad essere la scenografia privilegiata in cui ambientare le vicende dei personaggi, all’interno di una strategia prettamente descrittiva-decorativa-simbolica, fatta di «lunghe e prolungate immagini di sfondo»13, che, scrive Johnson:
sul piano narrativo non risolve il problema dell’autorganizzazione: la vicenda si interrompe, e il linguaggio prende il sopravvento per un paragrafo o due. Ma una volta che il romanziere abbandona i sacri emblemi, veniamo diligentemente riconsegnati all’intreccio, e le storie raccontano le persone, non le folle14.
Nel Novecento un profondo mutamento di paradigma coinvolge non solo la città e le modalità attraverso cui la città vive, si propaga ed è esperita, ma altresì il romanzo, nelle sue componenti estetiche, stilistiche e contenutistiche, e di conseguenza anche le strategie e gli approcci narrativi con cui gli scrittori, specialmente gli scrittori modernisti, tentano di narrativizzare la metropoli, non solo tematicamente ma formalmente, sostituendo alla mera e solita rappresentazione descrittiva una rielaborazione globale del fenomeno urbano, che rinnova dall’interno le stesse strutture organizzative del romanzo, e spostando «il fuoco dell’attenzione dall’oggetto città alla città come soggetto attivo»15. Nei primi vent’anni del secolo, in un contesto storico in cui la pubblicità, nelle sue espressioni più variegate, dal cartellone alla réclame alla locandina, comincia ad invadere sempre più il tessuto cittadino, «the emergence of a textfualized city of signs marks a historical break from the previous formation, which might be called the city of things»16.
A cavallo di questo passaggio epocale, destinato a rivoluzionare definitivamente le abitudini di comportamento della società, le opposizioni tipiche del romanzo ottocentesco, oramai anacronistiche, provincia contro città, individuo contro collettività, vengono superate per lasciare spazio ad una configurazione narrativa in cui «the “city” is newly constructed as a “second nature” in terms of dynamic flow of its commodities and human movements, which appear to take place according to self-sufficient and complementary patterns in space and time»17. Romanzi come Manhattan Transfer, Berlin Alexanderplatz, Ulysses abbandonano il modello ottocentesco tipico di rappresentazione della città, «which relies on symbolization, subject-centeredness, and the dramatization of opposites»18, per abbracciare un sistema di elaborazione spaziale che agisce nell’opera, al livello della storia19, contribuendo a determinare la soggettività dei personaggi, il loro sviluppo narrativo, diventando un elemento portante del sistema di significazione del romanzo stesso, e sull’opera, condizionandone gli aspetti formali e la struttura interna.
Uno dei cambiamenti principali a cui assistiamo è «il passaggio dalla narrazione alla classificazione come approdo dell’esperienza»20, per cui «the informed city dominates the “narrated city”»21.
Del resto, come osserva Henri Lefebvre: «A result of the complexification of the social, the urban promotes practical rationality, the link between form and information»22. La città dunque parla, costituisce un vero e proprio discorso23, si esprime attraverso i suoi spazi significanti e le forme esperienziali che vi si producono, in un coacervo di informazioni e input sensoriali che coinvolgono costantemente tutti gli aspetti del vivere sociale, dalla politica alla religione passando per l’educazione, la pubblicità, il commercio, la cultura, l’arte, la sessualità. Il testo della città può essere definito come «a multifaceted grammar of discourses in which every individual discourse loses the core of its meaning, its intentional meaning»24.
Una volta che tale discorsività di base viene traslata all’interno dell’opera, il testo-città diviene «un insieme di processi che a loro volta danno il via ad altri processi. […] Uno spazio generativo di intrecci, conflitti, discorsi e negoziazioni»25, capace dunque non solo di orientare il narrato, ma persino di farsene assoluto protagonista, arrivando a volte a costituire la «ragione stessa dell’opera»26.
Manhattan Transfer, Berlin Alexanderplatz e in una certa misura anche l’Ulysses di Joyce, romanzi non più sulla città, come i loro antecedenti ottocenteschi, ma romanzi-città, che tentano di restituire la realtà nella sua totalità multiprospettica con funzione quasi documentaria e scientifica, consentono di indagare la spazialità con un approccio totalmente nuovo, che va oltre il mero interesse nei confronti «degli aspetti legati alla rappresentazione (descrizione, verosimiglianza, effetti di realtà)»27, e permette di spostare l’attenzione «sul fatto che lo spazio rappresentato nei testi può, se opportunamente tratto, fare emergere un linguaggio spaziale che articola gli altri livelli di senso del testo»28. D’altronde, come sottolinea anche Mitterand:
Quand l’espace romanesque devient une forme qui gouverne par sa structure propre, et par les relations qu’elle engendre, le fonctionnement diégétique et symbolique du récit, il ne peut rester l’objet d’une théorie de la description, tandis que le personnage, l’action et la temporalité relèveraient seuls d’une théorie du récit29.
Nel romanzo modernista si sviluppa un evidente e radicale mutamento di paradigma, all’insegna del quale «the problematics of representing or narrating the city is being subsumed by the self-represention of cities in architecture and advertisement, or is being suppressed by the self-production of the urban as theatrum mundi, where the social and the aesthetic seemingly converge unproblematically»30. In tal senso, Manhattan Transfer e Berlin Alexanderplatz esemplificano perfettamente una pratica di composizione romanzesca sperimentale attraverso cui «the literary text performs with its own linguistic material in working on its constraints from within, defying, in a way, language's resistances to expressing city life»31.
In queste opere la città entra in gioco come spazio urbano costantemente riscritto, «pervaded with inscriptons of all kinds, with aurally and visually engaging symbolizations, all demanding recognitions»32, producendo un confronto serrato e vicendevolmente configurante tra la narrazione propriamente detta (la storia e lo sviluppo dei caratteri) e le manifestazioni significanti della città, incorporate nel romanzo mediante dispositivi formali quali il montaggio, l’entrelacement, l’inserimento di materiale extra-narrativo (tabelle, icone, statistiche, classifiche, réclame pubblicitarie, titoli e articoli di giornale), il plurilinguismo, l’uso rapsodico di un linguaggio scientifico-matematico-saggistico, gli effetti cacofonici, il mélange stilistico.
1 G. Turnaturi, Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, Laterza, Bari, 2003, pp. XII-XII.
2 B. Pike, The Image of the City in Modern Literature, Princeton University Press, Princeton, 1981, p. 3.
3 M. Bachtin, Estetica e romanzo, Einaudi, Torino, 1997, p. 449.
4 Ivi, p. 874.
5 David Frisby, Simrnel and Since: Essays on Simmel's Social Theory, citato da D. Harding, Writing the City: Urban Visions and Literary Modernism, Bell & Howell Information and Learning Company, Ann Harbor, 1999, p. 8.
6 D. Harding, op. cit., p. 9.
7 Ibidem.
8 C. Magris, op. cit., p. 874.
9 L. Wirth, Urbanism as way of life, citato da B. Tedeschini-Lalli, Dos Passos, La Nuova Italia, Firenze, 1968, p. 29.
10 S. Johnson, Complessità urbana e intreccio romanzesco, in Il romanzo, vol. 1, op. cit., p. 729.
11 Ibidem.
12 Ibidem.
13 Ivi, p. 731.
14 Ivi, p. 730.
15 G. Turnaturi, Di città in città, da romanzo a romanzo. Leggere e narrare le città, in G. Marrone, I. Pezzini (a cura di), Senso e metropoli. Per una semiotica posturbana, Meltemi, Roma, 2006, p. 32.
16 P. E. Geyh, From Cities of Things to Cities of Signs: Urban Spaces and Urban Subjects in Sister Carrie and Manhattan Transfer, in Twentieth Century Literature, vol. 52, no. 4, Duke University Press, 2006, p. 413, https://www.jstor.org/stable/20479784, [visionato il 29-03-2020].
17 K. R. Scherpe, The City as Narrator: The Modern Text in Alfred Döblin’s Berlin Alexanderplatz, in Id., Modernity and the Text. Revisions of German Modernism, Columbia University Press, New York, 1989, p. 167, https://www.jstor.org/stable/10.7312/huys06644.12, [visionato il 30-03-2020].
18 Ivi, p. 165.
19 Nell’eccezione data da Genette: «Propongo di chiamare storia il significato o contenuto narrativo». Figure III. Discorso del racconto, Einaudi, Torino, 1986, p. 75.
20 P. Fisher, Giornale strada racconto. Lo spazio discontinuo dell’«Ulisse», in F. Moretti (a cura di), Il Romanzo, vol. 2, “Le forme”, Einaudi, Torino, 2002, p. 600.
21 K. R. Scherpe, op. cit., p. 169.
22 H. Lefebvre, The Urban Revolution, University of Minnesota Press, 2003, p. 133, https://www.jstor.org/stable/10.5749/j.ctt5vkbkv.9, [visionato il 31-03-2020].
23 R. Barthes, Semiologia e urbanistica, in Op.cit. Selezione della critica d’arte contemporanea, 1964, https://opcit.it/cms/?p=44, [visionato il 26-03-2020].
24 K. R. Scherpe, op. cit., p. 170.
25 G. Turnaturi, Di città in città, da romanzo a romanzo, op. cit., p. 31.
26 R. Bourneuf e R. Ouellet, L’universo del romanzo, Einaudi, Torino, 1981, p. 94.
27 S. Cavicchioli, Spazialità e semiotica: percorsi per una mappa, in Versus. Quaderni di studi semiotici, 73/74, Bompani, Milano, 1996, p. 4.
28 Ivi, p. 5.
29 H. Mitterand, Le Discours du roman, Presses Universitaires de France, Parigi, 1980, pp. 211-212.
30 K. R. Scherpe, L. Roetzel, Nonstop to Nowhere city? Changes in the Symbolization, Perception, and Semiotics of the City in the Literature of Modernity, in Cultural Critique, no. 23, University of Minnesota Press, 1992-1993, p. 145, https://www.jstor.org/stable/1254193, [visionato il 06-02-2020].
31 M Brosseau, The city in textual form: Manhattan Transfer's New York, in Ecumene, vol. 2, no. 1, Sage Publications, 1995, p. 93, https://www.jstor.org/stable/44251746, [visionato il 31-03-2020].
32 K. R. Scherpe, L. Roetzel, op. cit., p. 146.