I like trains
Il treno notturno sfreccia tremolante, tremolante insieme d’acciaio ferroso ed elettrico, e al momento non mi viene paragone migliore che una fiammella di candela mossa da un soffio di vento, rossa e intensa nella sua piccolezza, nella sua solitudine in una stanza vuota e buia. Al di fuori di questi vetri opachi e unti si vedono luci sfocate anch’esse probabili candele solitarie nella notte, e il treno avanza in mezzo a questa indifferenza infuocata e lontana. Io sono dentro, rimugino sulle cose successe, penso ad una strategia di salvataggio da questa monotona esistenza monotòna, monotematica monouso, e che dir si voglia, in sostanza poco elastica, molto distante dall’essere multitasking e versatile. Cementizzo il mio percorso di vita su questi binari posti sotto il mio treno, conosco già il tracciato e le fermate, salvo ritardi dovrei essere a Milano Lambrate verso le 23.40 quando sarà ancora più buio e l’autobus 54 probabilmente passerà dopo 15 minuti, la variabile è che potrei decidere di andare a piedi, del resto ci impiegherei 15 minuti.
Rifletto anche sulle parole, e mi risuona qualcosa del tipo “il peso delle parole dipende da chi le dice”, frase insistentemente pronunciata da qualche rapper, simpatica frase, argomento ricorrente per me che penso e non faccio, quindi lo interrompo, non indago oltre ne ho già scritto in altri testi, ora sono incuriosito da altro: Un treno sfrecciante ha appena urtato, passando, il mio fragile treno tremolante e luccicante di rosso e ne sono stato turbato. È stato uno scontro violento SCIAFFFF, alla modi schiaffone manrovescio, che diavolo la vita forse mi ha posto sul mio tracciato uno di quegli incontri che dovrebbe smuovere da dentro, una secchiata d’acqua gelida sulla faccia, ma ne ho il mal di testa e la mia labile concentrazione mi porta automaticamente a pensare ad altro, basta infelici immagini egocentriche, parliamo dell’amore.
Non l’avessi mai fatto, così incomincia questa storia, così dovrebbero incominciare, con una punta di ironia, non sono così disfattista come si potrebbe pensare, tutte le storie che hanno l’arroganza di reputarsi d’amore. C’è una ragazza bionda, dai capelli lisci ma un po' crespi, quei capelli che da piccolo reputavo imperfetti perché non totalmente lisci come la seta, che balla e mi guarda di sottecchi. La sua amica è una spavalda e la differenza tra le due la si potrebbe scorgere, non datemi del maschio pervertito, anche dai seni, effettivamente quella spavalda è dotata, ma come i maschi pervertiti sanno bene l’importante è la forma, la consistenza, l’importante è ficc... detto ciò la sua amica spavalda anche mora e dai seni importanti viene da me maliziosa ed eccitata nel creare una situazione così, arriccia le labbra e con voce ubriaca mi propone sull’altare la sua amica bionda e liscia ma crespa dai seni piccoli, ma, lo sentivo già, di forma e consistenza perfetta; alla mora, mentre mi parla, le si vedono le punte dei capezzoli attraverso il vestito liscio. Accetto l’offerta e ci scambio qualche parola, anche lei, la ballerina bionda, vorrebbe fare la spavalda ma non lo è troppo, è frenata dal suo modo di essere introverso, la situazione però eccita anche lei, e non le dispiace affatto la mia presenza e i suoi capelli biondi imperfetti mi sanno di ingenuità, possono essere spazzati via dal vento, steli di grano, e vogliono esserlo. Attorno a me mentre la guardo dire parole tenui uscire dalla sua bocca morbida cala un tappo ed entro in una bolla strana in cui tutto è quei capelli biondi, in cui le sue guance si posano docilmente sulla bocca morbida parlante e sono delle colline perfette su di uno sfondo sinuoso e rotondo roseo e delicato, la sua pelle profuma potrei dire di pesca ma il profumo di una donna non lo puoi raccontare, ogni uomo ne sente uno diverso e unico sulla propria ballerina del cuore. Ne sono catturato e mi ribello, tolto la maglietta le dico che sarei andato a farmi un bagno e così feci, abbandonandola per la prima volta; una donna non dimentica mai. Corro sulla spiaggia buia, la luna è una palla bianca bluastra che illumina di perlaceo la realtà distante dalle luci della festa, l’acqua è piatta trasparente immobile, io la infrango pensando alla mia ballerina: il mare ora è lei, come tutto intorno a me e mi ci tuffo dentro, sento l’acqua sulla mia pelle, è fresca e mi viene la pelle d’oca ruvida al tatto, l’unica soluzione è immergervi tutto me stesso lì dentro a quel mistero cristallino, osservo silente lo spettacolo marino che va fino all’orizzonte sul quale sono adagiate sagome di petroliere e null’altro, intorno a me i massi della diga e la spiaggia marroncina umida a riva dove è seduta anche lei, bellissima che guarda divertita me fare l’avventuriero e non darle l’attenzione che merita. Capisco che è il momento, torno da lei sono bagnato tutto il mio corpo trema e glielo dico, lei mi accompagna a prendere un asciugamano, intorno a noi non c’è più nessuno, nonostante la festa, la bolla ci segue ovunque. Ci appartiamo io e lei sul declivio marmoreo della riva distanti da chi potrebbe essere testimone della nascita del nostro amore, non ne vogliamo di testimoni, lo sappiamo già io e lei e il momento è solo nostro, guai a chi si intromette. Ci sediamo, ci baciamo a lungo, il nostro bacio ha il sapore di sale, e le nostre lingue umide iniziano ad entrare in confidenza lentamente ed ingenuamente come i capelli lisci ma crespi di lei. Non esplode dentro di noi l’urlo di gioia, sorridiamo silenziosi e tranquilli, consapevoli di ciò che è appena successo, non serve l’eccesso siamo io e lei sotto la luna, tra i nostri racconti e nient’altro serve, neanche rotolarsi nei nostri corpi giovani e belli, c’è tempo per quello, una vita è davanti a noi e siamo già innamorati quella sera.
Quella sera lei andandosene mi salutò fissandomi negli occhi da distante, un, stranamente risoluto “ciao” e uno sguardo penetrante, inaspettati dalla sua poca spavalderia e il suo essere introversa con i capelli lisci ma crespi dimostrati prima, mi lasciarono senza parole a me, che non credevo nell’amore, a me che interessava solo andarmene all’avventura, a me che volevo stare solo e non soffrire mai più per una donna.
Lei mi entrò dentro quella sera e non uscì mai, nonostante l’abbandonassi spesso come quella prima volta sulla spiaggia e la luna io e il mio bagno, lei era sempre lì a guardarmi fare quello che facevo per sentirmi uomo e mi riaccoglieva sempre silenziosa tra le sue gambe morbide, i suoi seni piccoli ma perfetti e i suoi capelli biondi lisci ma crespi, e i suoi occhi erano lì a guardarmi ovunque, verdi e seri come in quel saluto. Accumulavano la tristezza, quegli occhi, dell’abbandono, la tristezza di una donna lasciata sola quando è innamorata del suo uomo che vuole fare l’avventuriero un po' troppo.
L’altra sera i suoi occhi verdi incredibili, che mi fanno piangere ora che li vedo scrivendo, erano distrutti dalla solitudine e dall’amore per me, il suo uomo che troppe volte l’aveva abbandonata. Abbiamo litigato, ultimamente succede un po' troppo spesso, e io stufo e lei stufa di dirci parole che il nostro amore non vuole sentire abbiamo detto basta così, non è quello che sapevamo c’era quella notte di luna di perla sulla spiaggia e il nostro bacio salato, non è questo che ci lega. Andandomene risoluto, vaneggiando parole sul suo percorso di crescita personale, ho detto che ci doveva pensare meglio che così non andava perché lei stava male e così anche io. Andandomene quasi non l’ho guardata non ho ricambiato il suo bacio triste di chi non vuole tutto questo, non mi sono reso conto un’altra volta che la stavo abbandonando, senza guardarla negli occhi verdi incredibile. Ci siamo separati bruscamente così all’improvviso.
Ora sono sul mio treno tremolante, quasi arrivato, ho pianto in treno e tremavano anche le mie dita come candele sole nel buio delle stanze vuote. Ora da qui, dal paesaggio industriale, freddo e costellato di tubature che mi sfreccia alle spalle, penso ai suoi occhi ancora una volta abbandonati, penso che solo lei vorrei e nient’altro al mondo, penso che vorrei non averla mai lasciata sola ad aspettarmi, penso che quando le ho detto qualche ora fa di pensare alle cose sia io che lei ci siamo per un secondo dimenticati di quella sera, in cui solo guardandoci per poco una bolla magica aveva legato i nostri cuori e a noi non serviva altro. Penso che se mai mi concedesse di tornare sarei l’uomo più fortunato del mondo perché il mio posto è vicino a lei e ai suoi capelli lisci ma crespi e in nessun altro luogo oltre i suoi occhi. Lei che è la mia candela tremolante al vento e io il suo treno.