38 TFF - Mickey on the Road, di Mian Mian Lu (Torino 38)

Taiwan. Mickey e Gin Gin sono migliori amiche. Mickey si prende cura della madre che soffre di depressione; nel tempo libero frequenta il tempio cercando di unirsi alla squadra maschile di arti marziali. Gin Gin, più impulsiva, si guadagna da vivere ballando nelle discoteche. Quando Gin Gin escogita un piano per incontrarsi con Jay a Guangzhou, in Cina, Mickey decide di cercare il padre che anni prima aveva abbandonato lei e la madre. Affrontando situazioni a volte comiche, a volte brutali, Mickey e Gin Gin rafforzano la loro amicizia e raggiungono una matura consapevolezza di sé.

Nazione: Taiwan, Anno: 2020, Durata: 95'


Una Taiwan evanescente, fatta di neon stroboscopici, fumo, musica ultra-pop. Le immagini di Mian Mian Lu e del suo cinematographer Tom Fan, nella loro coloratissima ipertrofia, appaiono fragilissime. Il loro potenziale è sfruttato fino al midollo, tanto che è possibile percepire l’operazione di drenaggio cui le immagini native sono state sottoposte, la tensione dei nervi, la pressione dei vasi sanguigni.

Mickey on the Road è una parodia del visibile.

Mickey (Pao-Wen Yeh) e Gin Gin (Ya-Ling Chang) si aggirano in un luna park senza confini. Un labirinto di giostre, slot machines, claw cranes. Tra i tanti cabinati si trova anche un oracolo automatizzato, che per qualche spicciolo fornisce (incomprensibili) vaticini. Oltre alla luce, anche la Fortuna sembra prendersi gioco delle due amiche.

Mickey è un’aspirante artista marziale. Gin Gin è una go-go dancer. Entrambe volgono il loro sguardo verso una figura assente, esterna allo stantio e routinario microcosmo cui sono assuefatte. Un punto fisso vergo cui dirigersi, che consenta loro di astrarsi da quel claustrofobico labirinto di luci in cui Taiwan consiste, di compiere un movimento, per una volta, centrifugo. Mickey vuole ritrovare suo padre, che ha abbandonato lei e sua madre; Gin Gin è alla ricerca di Jay, un ragazzo conosciuto fugacemente in discoteca, che ha smesso di risponderle al telefono.

Entrambe modellano il senso della loro esistenza su di un elemento esterno, semi-sconosciuto. Dirigendosi a Guangzhou (Cina) per rintracciare Jay, Mickey e Gin Gin si astraggono per un attimo da quel coacervo ipnotico cui erano costrette. Anche la fotografia di Tom Fan si fa più sobria, raffreddandosi, monocromatizzandosi. Ma la Cina svela presto le sue similitudini con il mondo da cui le due ragazze sono fuggite. La sfavillante Canton Tower di Guangzhou racchiude in sé tutti gli eccessi luministici di Taiwan, riconvertendoli in forma di obelisco. Jay è un uomo disgustoso, che si è semplicemente divertito a giocare con il corpo di Gin Gin. Il padre di Mickey, parallelamente, valuta il rapporto con una figlia che non vede da anni in termini meramente economici. Le chiede a quanto denaro corrispondano gli anni di silenzio e assenza. Una volta ritrovatili, Mickey e Gin Gin sono ben felici di perderli.

La quest di Mickey e Gin Gin, dal punto di vista dell’obbiettivo, è del tutto insoddisfacente. Ma l’importante, più che partire, è tornare. Tornare potenziate, consapevoli, emancipatesi tanto dal mondo da cui si sono allontanate (e a cui deliberatamente decidono di fare ritorno), quanto da quei modelli immaginari nel cui raggiungimento il loro viaggio trovava la propria ragion d’essere, e di cui è stata svelata l’essenziale inconsistenza.

Niccolò Buttigliero

Vita low budget in campionato juniores. Vedere, scrivere, fare cinema - ut scandala eveniant.

Laureato al DAMS di Torino in Storia e teoria dell'attore teatrale con una tesi sul «progetto-ricerca Achilleide» di Carmelo Bene. Vive in un cinema e lavora in un teatro.

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