38 TFF – The Salt in Our Waters, di Rezwan Shahriar Sumit (Fuori concorso)

Per realizzare un’installazione, l’artista Rudro si reca in una remota isola di mangrovie sul delta del Bangladesh, un mondo distante un giorno di navigazione da Dhaka ed estraneo alla moderna e caotica vita di città. Accolto dai pescatori locali e dal capo-villaggio, con le sue idee e le sue sculture Rudro incanta i ragazzi del villaggio e la figlia del suo padrone di casa. Ma quando l’annuale battuta di pesca alla Alosa orientale si rivela un fallimento, gli anziani incolpano "l'idolatria" nei confronti di Rudro. In una terra sul punto di sparire, in cui cielo e mare si fondono, una tempesta è in arrivo e il cambiamento, benvenuto o meno, sarà inevitabile.

Nazione: Bangladesh, Francia, Anno: 2020, Durata: 100'


Rudro (Titas Zia) e Tuni (Tasnova Tamanna) chiusi ermeticamente in un gigantesco cassone di legno. Appena al di là di quelle sottili pareti lignee, il preludio della fine del mondo. Così si conclude The Salt in Our Waters di Rezwan Shahriar Sumit. Con una tempesta che potrebbe spazzare via un’intera comunità, un mondo rimasto vergine alle trasformazioni della modernità, in cui politica e teologia sono ancora un unico, indissolubile organismo. A regnare indiscusso è l’imam del villaggio (Fazlur Rahman Babu): egli dirige l’attività economica principale della comunità (l’unica possibile, la pesca), si occupa dell’educazione dei più giovani, di qualsiasi cerimonia religiosa; ma è anche il legislatore, colui a cui spetta decidere quale sia la punizione più appropriata nel caso in cui si verifichino comportamenti aberranti.

È in questo luogo, una sperduta e innominata isole di mangrovie, che Rudro (un giovane artista, scultore), si reca per portare avanti la sua opera. Si allontana dalla caotica e atea Dhaka, battendo un percorso costellato da fenomeni di micro-corruzione: la bustarella ai portuali all’imbarco, il traffico illecito di alcolici sulla nave, etc. Raggiunge l’isola portando con sé il suo «universo» (le sue creazioni scultoree), contenuto in quello stesso sarcofago multiposto in cui sarà costretto a rifugiarsi nel sopracitato finale. Rudro è felicemente sorpreso dal fatto che, giunto sull’isola, nessuno gli chieda dei soldi. Sembra ormai irrimediabilmente assuefatto al malsano meccanismo dello scambio.

Ma se questo scambio non avviene, è perché nell’isola governata dal “Messere” non vi è mai scambio su un piano meramente economico, ma sempre e soltanto sacrificio. Così come non vi sono opere d’arte, ma unicamente idoli.

I pescatori sono incapaci di apprezzare le sculture di Rudro su un piano che sia esclusivamente estetico. Da veri (potenziali) iconoclasti, riconoscono la potenza primigenia dell’icona, la sua indissolubilità dal soggetto rappresentato. Dunque, quel soggetto non può - non deve - che essere una divinità.

Più propensi alla novità sono i figli dei pescatori, e con loro Tuni, giovane donna affascinata non tanto da Rudro, quanto dal mondo di cui è un (insufficiente) emissario.

The Salt in our Waters racconta uno scontro tra due universi: quello minuscolo, in sé conchiuso, del cassone di Rudro da una parte; quello, ugualmente minuscolo e autosufficiente, dell’isola di mangrovie dall’altra. Si sobilla che sia stato Rudro - l’idolatra, l’iconofilo in cerca di proseliti - a suscitare l’avversità del mondo naturale, la distruttività dei recenti fenomeni che hanno reso impraticabile la pesca. Ma ugualmente inutili si riveleranno tanto le opere di Rudro (sia quelle artistiche, sia quelle retoriche) quanto l’iconoclastia degli abitanti dell’isola.

A rivelarsi come utili sono, per assurdo, soltanto oggetti anartistici ormai sceverati della loro funzione pratica. Come la Crystal Gold, gigantesco cargo arenatosi sulle spiagge dell’isola in un tempo indefinito, utile a Tuni per sottrarsi allo sguardo giudicante altrui. O come la più volte citata cassa di legno di Rudro, ormai svuotata di quelle opere al cui contenimento era predisposta, e divenuta una grotta, un riparo per sfuggire al diluvio universale. Una nuova arca, ma senza che sia stato Dio a commissionarne la costruzione, e senza alcuna tensione sessuale tra Rudro e Tuni, gli ipotetici progenitori di una nuova umanità.

L’arte è utile in questo senso. Se mi viene tirata contro una sedia, io posso usare un quadro di Raffaello come scudo e ripararmi con questo. Così, posso evitare un sasso con la Notte di Michelangelo. Si può prendere Paolo Uccello, tingerlo di rosso e poi dire che quell’arte è comunista. L’utilità non ha limiti, io posso prendere dei Della Robbia e farmene un bel bidet. Questa è l’utilità dell’arte1.

1 CONVERSAZIONE CON CARMELO BENE, a cura di Elias Chaluja, Jacques Fillion, Gianna Mingrone e Sebastian Schadhauser, in Contro il cinema, C. Bene, a cura di E. Morreale, minimum fax, Roma 2011

Niccolò Buttigliero

Vita low budget in campionato juniores. Vedere, scrivere, fare cinema - ut scandala eveniant.

Laureato al DAMS di Torino in Storia e teoria dell'attore teatrale con una tesi sul «progetto-ricerca Achilleide» di Carmelo Bene. Vive in un cinema e lavora in un teatro.

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