Le ossessioni sotterranee di Thomas Ligotti
Perché «la vita è fondamentalmente un incubo che finisce solo quando si muore»? In che modo ci si affeziona all’ansia e all’inquietudine di cui si nutre l’ossessione di scrivere? Quali sono gli spettri che ispirano un racconto disturbante? Risponde Thomas Ligotti, uno dei maestri della letteratura horror contemporanea, nell’intervista qui tradotta.
Intervista a cura di Andrea Coccia per Pixartprinting’s Blog apparsa il 17 giugno 2019 su Medium: https://medium.com/@NdrCcc/the-subterranean-obsessions-of-thomas-ligotti-8b525644a806
A cura e traduzione di Arianna Locatello
Esiste un tipo di letteratura che procede per accumulazione. Raccoglie materiale magmatico, che sgorga dalla fonte sotterranea delle nostre ossessioni più oscure. Queste ossessioni infettano tutti noi, ma solo in qualcuno, sciamano con tanta urgenza da conquistare la superficie del mondo. Così, diventano storie e cominciano a diffondersi in tutto il mondo, per infettare altri uomini e altre donne, e dunque, per durare nel tempo. Sono pochi gli scrittori riescono in quest’impresa. E questi pochi non hanno propriamente “deciso” di farlo. In qualche modo sono stati costretti. Leggendoli, percepiamo l’urgenza e la necessità di ciò che ci dicono. Ecco perché le loro storie si inoculano nella nostra immaginazione con una tale forza, insinuandosi come dubbi nella nostra coscienza, ottenendo un angolo della nostra mente e aspettando il momento giusto per iniziare ad agire, per terrorizzarci.
Nella storia della letteratura moderna, questo atteggiamento inquietante aveva molte facce e molti nomi. Nell’Europa di inizio Ottocento portava il nome di Ernst Hoffmann e Giacomo Leopardi. Poco dopo, mentre a Parigi si chiamava Charles Baudelaire, sulla costa occidentale americana era conosciuto come Edgar Poe e H. P. Lovecraft. Alcuni anni dopo, nella seconda metà del XX secolo, in Argentina, il suo nome divenne Macedonio Fernandez, Jorge Luis Borges e Julio Cortazar. Nell’America di oggi, il suo nome è Stephen King. E Thomas Ligotti.
Può essere assurdo, ma la maggior parte dei lettori italiani di Ligotti lo ha scoperto solo dopo la prima stagione di True Detective di Nic Pizzolatto. Uno spettacolo parzialmente ispirato ad alcune delle ossessioni più misantropiche di Ligotti, che Pizzolato ha scoperto leggendo il saggio nichilista La cospirazione contro la razza umana (2010). Scoprire Ligotti ora è scoprire un mostro fantastico: non avevamo idea di che cosa ci stessimo perdendo.
Nel 2016, in Italia, è stata pubblicata la raccolta di racconti intitolata Teatro Grottesco, pubblicata in Italia da Il Saggiatore. Al momento della sua uscita, ho fatto una chiacchierata per posta con lui, con Thomas Ligotti, uno strano personaggio così timido e solitario da far credere a qualcuno che non esista nemmeno. Ma a chi importa? Anche se fosse uno spettro, non varrebbe forse la pena di essere letto? In fondo chi sono, per noi lettori, tutti i più grandi scrittori della storia della letteratura, se non fantasmi che ci parlano dal profondo degli specchi?
«Tutte le ossessioni hanno la loro base nell’emozione», esordisce Ligotti rispondendo alla mia prima domanda sulle ossessioni che lo spingono a scrivere. «L’oggetto di qualsiasi emozione non ha importanza. Se l’emozione è l’amore, chi o cosa si ama non ha importanza. L’importante è l’emozione stessa. La mia emozione più forte è sempre stata la paura, in particolare quel tipo di paura che chiamiamo ansia. I sentimenti d’ansia possono avere una causa particolare che può avere un nome. Per esempio, si può provare ansia prima di parlare davanti ad un gruppo di persone. Ma la vera ansia non può essere spiegata. È come un’esperienza spirituale».
Qual è la causa dell’ansia?
La causa dell’ansia è un mistero. Può venire montare dentro di te dal nulla e all’improvviso ne sei posseduto. Non esiste altro che l’ansia. Voi siete solo il suo contenitore. Può anche sembrare infinita, come se potesse continuare a crescere per sempre... o fino a quando non si è sopraffatti dalla sua intensità e completamente distrutti. Se qualcuno ti chiedesse il motivo di tale ansia, non potresti dare una risposta sensata. Come si può spiegare un mistero così terribile? L’unica cosa che si può fare è instillare in qualche modo in un’altra persona lo stesso stato d’ansia, perché capisca come ci si sente. Penso che il modo migliore per farlo sia scrivere storie in grado di provocare questa esperienza nei lettori. Saranno sforzi non del tutto efficaci, così come nessuno è in grado di trasmettere le orribili sensazioni che si provano in un incubo, ma forse per un momento si riuscirà a dare un’idea della propria ansia ad un’altra persona. La parte più strana di questa ossessione di scrivere è che essa può provocare piacere e soddisfazione sia nell’autore che nel lettore, che può affezionarsi alla propria ansia e trovare piacere nell’esprimerla. Questo è un altro mistero senza spiegazione.
Qual è l’origine dell’inquietudine che emerge dalle tue storie?
Al di là della risposta puramente psicologica che ho dato alla tua precedente domanda, l’origine dell’inquietudine in una storia può essere qualsiasi cosa percepita dalla nostra mente o dai nostri sensi. A volte le idee o gli oggetti di tutti i giorni possono diventare per noi inaspettatamente strani e minacciosi. Si può guidare lungo una strada e vedere un campo con alcuni alberi in lontananza. Avete già visto queste cose molte volte in passato e non avete provato nulla di strano, ma a volte esse mettono in moto la vostra immaginazione. Sentite che c’è qualcosa di infestato in quella terra vuota e tra gli alberi che bloccano la vostra vista su ciò che è al di là di essi. Questa scena diventa un portale verso qualcosa che non si può vedere o conoscere. Il mondo intero è così. È pieno di visioni, suoni e odori che la maggior parte delle volte si danno per scontati. In certi momenti, però, essi stimolano i pensieri e i sentimenti in modi strani e non sembrano più ovvi. Sollevano domande che non avevate mai considerato prima. A volte si può anche finire per chiedersi: «Di che cosa tratta questo mondo?». A questa domanda risponde solo silenzio.
In che modo le storie diventano inquietanti?
Direi che una storia diventa inquietante quando ci fa sentire o pensare qualcosa che non abbiamo mai pensato o sentito prima, che spesso è qualcosa di terribile. Un buono scrittore è colui che produce storie che agiscono su di noi in questo modo. Cuore di tenebra di Joseph Conrad è un eccellente esempio di una storia di questo tipo. Poche persone hanno visto il mondo attraverso gli occhi del narratore di questa storia, che sono anche gli occhi di Conrad, ma quando la leggono, in realtà vedono attraverso questi occhi. Sorprendentemente, ciò che vedono è qualcosa che già conoscevano, soprattutto ciò che è più terribile dell’ssere vivi. Quasi tutte le opere letterarie durature si basano su ciò che della vita è più inquietante. Poche persone possono permettersi di soffermarsi a lungo su tali questioni. Se lo facessero, non sarebbero in grado di vivere. Sarebbero minate dallo stesso orrore che distrugge il personaggio di Kurtz in Cuore di tenebra. Ma mentre leggono Conrad, sono disturbati da questa visione. Dopo, naturalmente, si dimenticano tutto, così possono continuare a vivere come prima.
Leggendo i tuoi racconti, il lettore sente qualcosa di fortemente sotterraneo, qualcosa che non vede ma che può percepire. Che cos’è?
Secondo me, la vita è fondamentalmente un incubo che finisce solo quando si muore. Poche persone sarebbero d’accordo con questa opinione. Non mi sento sempre travolto da questa visione della vita, ma è quella che ho avuto in mente ogni volta che ho scritto una storia. È alla base di tutte loro. È il loro strato sotterraneo, come dici tu. Questo è ciò che gli eventi superficiali della mia narrativa cercano sempre di trasmettere al lettore. A volte un personaggio di una delle mie storie se ne esce dicendo che la vita è un incubo, un vero e proprio incubo senza alcuna qualità salvifica. Sia Poe che Lovecraft hanno fatto lo stesso in alcune delle loro storie. Il racconto Berenice di Poe inizia così: «La sventura ha molti aspetti; la miseria sulla terra è multiforme» e via dicendo. Arthur Jermyn di Lovecraft inizia notoriamente con la frase «La vita è una cosa orribile», un punto che egli elabora ancora più notoriamente nel paragrafo iniziale di una delle sue opere più grandi, Il richiamo di Cthulhu. Ma una storia deve trasmettere questo senso di incubo in gran parte per mezzo di incidenti narrativi e non di affermazioni espositive. Solo occasionalmente è utile dire semplicemente che la vita è un incubo. È un’affermazione banale, anche se a volte diventa necessario dirla apertamente, ma poi perde la sua qualità sotterranea, la sua insidiosa oscurità.
Esiste un aggettivo particolare in italiano, “perturbante”. Non si tratta propriamente di terrore o paura, è più simile a qualcosa di “strisciante”, inquietante, e spesso lo sento emergere nelle vostre storie. Che cos’è? Come riesci a costruire una cosa del genere nelle tue storie? Come pensi che ciò influisca sul lettore? E come influisce su di te?
Penso che la parola inglese “perturbed” possa essere considerata una buona traduzione di “perturbante”. Ha diversi significati, uno dei quali è quello di “essere mentalmente instabile”. La salute psicologica è relativa, naturalmente. Tra gli artisti, un certo grado di squilibrio mentale può essere più utile a loro che alla maggior parte dell’umanità. Può alimentare la loro immaginazione e portarla in direzioni che non sono accessibili agli individui più sani di mente. Gli stati di depressione o di grave ansia di lunga data, per esempio, non sono false percezioni del mondo, anche se la maggior parte degli psichiatri vorrebbe farci credere che lo siano. Sono semplicemente un mezzo più intenso per capire com’è la vita per tutti, in un momento o in un altro. È reale, e la sua realtà non può essere negata. Coloro che sono costantemente felici possono anche essere visti come squilibrati nella loro visione di ciò che viene comunemente chiamata “condizione umana”, che non è per nulla uniformemente piacevole. Nessun artista può esprimere uno stato d’animo che non sia profondamente fondato nella sua esperienza personale. Per questo motivo, gli scrittori tendono ad essere specialisti di certi stati mentali ed emotivi. Pochissimi sono in grado di rappresentare con successo una vasta gamma di questi stati, anche se molti lo fanno fingendo e possono essere abbastanza abili in ciò. Per definizione, gli scrittori dell’orrore soprannaturale sono specialisti. Non scrivono per un pubblico generico, ma per uno che è altrettanto specializzato nel suo temperamento. Così, sia l’autore che il pubblico sono predestinati a riunirsi. Entrambi sono già perturbati, questo è il senso abituale di questa parola. Se così non fosse, non ci potrebbe essere comunicazione tra di loro.
Questo effetto disturbante sembra emergere nell’immaginario occidentale della fine del 1700, nel periodo dell’Illuminismo e all’inizio della prima rivoluzione industriale, all’alba della mdoernità. Forse si tratta di un sentimento peculiare della nostra epoca moderna, o no? E com’era prima? Qual è la sua origine? Ed infine, esso può sopravvivere nel mondo digitale in cui viviamo?
Credo che la sua osservazione su come l’Illuminismo del XVIII secolo abbia coinciso con l’ascesa della letteratura horror, cioè della letteratura gotica, sia accurata e perspicace. Mi capita di essere d’accordo con l’opinione che dai tempi dell’Illuminismo siamo diventati sempre più alienati dal mondo naturale. Questo è stato certamente un processo spaventoso, e in effetti è continuato fino ai giorni nostri, ma qui non abbiamo abbastanza spazio per analizzare quello che i pensatori dell’Illuminismo chiamano “progresso”. Basti dire che il nostro cosiddetto “progresso” ha portato al di là di un mero allontanamento dalla natura, verso la sua distruzione. Il cambiamento climatico è solo una delle sue manifestazioni. Per come la vedo io, c’è sempre stata un’ostilità segreta tra gli esseri umani e la natura. A partire dal XIX secolo, alcune figure hanno espresso una preferenza per l’artificiale rispetto al naturale. Tra questi spiccava il poeta francese Charles Baudelaire. Nella vita contemporanea, il nostro futuro è rappresentato nella finzione e nei film come carente di appuntamenti naturali. Personalmente, sono favorevole a questa visione dell’umanità che si libera dalla natura. Preferirei di gran lunga vivere nell’ambiente di una stazione spaziale piuttosto che nel cumulo di compostaggio di questa terra. D’altra parte, a che cosa serve la nostra tecnologia se non a costruire un altro pianeta, dove una nuova evoluzione possa avvenire in una sfera spettrale, un’atmosfera di fantasmi?
Come alimenti la tua immaginazione? Cosa leggi? Cosa guardi? E cosa ascolti?
Non ho bisogno di nutrire la mia immaginazione. Ho solo bisogno di distrarla. Secondo me, questo è quello che fanno tutti. Stare da soli con i propri pensieri è una prospettiva terribile. Ho finito di leggere tutti i libri che mi interessavano anni fa. Ascolto ancora le letture registrate di quei libri - gli stessi più e più volte. In questo momento ascolto i racconti di Jorge Luis Borges. Se il mondo finisse domani, e io fossi l’ultima persona rimasta in vita, credo che continuerei a godere delle opere di Borges. Mi sembrerebbero ancora attuali, anche in un mondo senza altre persone. Come Borges, sono un appassionato di film. Posso guardare gli stessi film più e più volte senza stancarmi. La maggior parte dei miei preferiti sono i grandi film degli anni Sessanta e Settanta: Lawrence d’Arabia, Il Padrino, Apocalypse Now, L’uomo che volle farsi re. Tendo a guardare film basati su opere letterarie. L’intero genere cinematografico dei film cosiddetti “noir” è quasi interamente basato su romanzi polizieschi e hard boiled. Al giorno d’oggi mi sembra che gli spettacoli televisivi siano meglio dei film. I migliori sono piuttosto letterari, mentre i film moderni si basano su sceneggiature originali e dipendono troppo dagli effetti speciali. Odio gli effetti speciali. Una volta che hai visto gli alieni distruggere il mondo una volta, come nel film Independence Day, non puoi più rivederlo senza annoiarti. Preferisco guardare due persone che parlano per un centinaio di minuti. Ascolto ancora la musica quando sono dell’umore giusto. La musica che mi piace di più è rigorosamente composta da classici - come quella dell’era psichedelica - e anche da musica strumentale. Ho sessantadue anni, quindi la musica degli ultimi venticinque anni mi è estranea. Naturalmente mi sembra inferiore alla musica che ascoltavo quando avevo la tua età. Per la prima volta nella storia della musica, essa può benissimo essere ritenuta inferiore a tutta la musica che l’ha preceduta, ma credo che questo non abbia alcuna importanza. Tutti i libri, i film, gli spettacoli televisivi e la musica prodotta oggi diventeranno sempre più stantii e saranno eclissati da nuove opere, per quanto inferiori alle produzioni precedenti in questi campi. Niente dura molto a lungo nel campo dello spettacolo. E tutto ciò che l’immaginazione umana ha sempre sognato è in realtà solo intrattenimento per distrarci dalla lotta per vivere la nostra vita, per quanto lunga o breve possa essere. Una volta che sei morto, non ti importa che cosa accada dopo.